Danni da interruzione di attività, come li coprono le assicurazioni

I danni da interruzione di attività, in gergo assicurativo chiamati danni indiretti, sono i mancati guadagni derivanti da un arresto dell’attività, sia esso totale o parziale.


I danni da interruzione di attività variano al variare del tipo di attività, della causa dell’interruzione e della durata dell’interruzione stessa.

Ad esempio, l’interruzione dell’attività di un esercizio commerciale può essere causata da un incendio, oppure da una disposizione dell’autorità di chiusura dell’esercizio durante una inchiesta giudiziaria avviata a seguito di una inadempienza rilevata da parte dell’esercente. Oppure può essere causata da una situazione generata da una calamità naturale, da una malattia o da un infortunio del titolare, o da eventi che abbiano provocato il mancato arrivo di merci molto richieste dalla clientela. In quest’ultimo caso avremo una interruzione parziale.

Nel caso di una attività industriale le cause di una interruzione di attività possono essere molto più svariate: partendo dall’incendio, arriviamo al caso tipico dell’attività industriale che è il guasto ad un impianto che prende parte al processo produttivo, il cui apporto sia essenziale per la realizzazione del prodotto. Altre cause possono essere una situazione oggettiva, come uno stato di calamità naturale o di contaminazione ambientale grave che inducano le Autorità a interdire l’accesso all’area in cui si trova lo stabilimento, così come lo scoppio di una epidemia che obbliga all’assenza dal lavoro gran parte delle maestranze.

In compenso, per una impresa industriale organizzata ed articolata, la malattia o l’infortunio del titolare possono anche non avere alcuna conseguenza.

Come le assicurazioni coprono i danni da interruzione di attività

Prima di analizzare, nei limiti editoriali che un articolo può consentire, le varie forme assicurative per danni da interruzione di attività, è opportuno fare alcune considerazioni di principio che hanno una valenza generale.

La prima considerazione è che le assicurazioni tendono a vincolare la garanzia delle perdite economiche da interruzione di attività al danno materiale subìto dal bene o dai beni che servono all’assicurato per l’esercizio della sua attività.

Riprendiamo l’esempio dell’interruzione da calamità naturale fatto poc’anzi. Se l’evento catastrofale (per usare un termine caro agli addetti ai lavori) avesse:

  • danneggiato seriamente l’apparato produttivo, questo fosse assicurato per i danni materiali e diretti e la copertura dei danni materiali comprendesse l’evento che li avesse provocati, la garanzia assicurativa delle perdite economiche da interruzione di esercizio opererebbe, al netto della franchigia temporale prevista in polizza;
  • non avesse danneggiato nulla, oppure avesse danneggiato parti dello stabilimento che non concorrono all’attività produttiva propriamente detta (come la mensa o l’ufficio dell’Amministratore Delegato) oppure solo impedito l’accesso allo stabilimento, vuoi per le condizioni fisiche del sito (come nel caso di alluvioni o esondazioni di fiumi), vuoi per disposizione delle autorità, la garanzia non opererebbe in alcun modo.
Danni da interruzione di attività da pandemia COVID-19

Questa precisazione è estremamente importante e una delle deduzioni che ne derivano è che, a meno di sovvertire le regole, non rientrano in garanzia i danni derivati da interruzione di attività dovuti, ad esempio, allo scoppio di una pandemia come COVID-19, in quanto un virus non danneggia le macchine produttive.

Ovviamente qualunque compagnia può, in qualunque momento, concedere nuove garanzie, anche se sono inedite, anche se nessun altro sul mercato le concede.

La garanzia sui danni da interruzione di attività trova un suo spazio anche nella responsabilità civile dell’assicurato. In pratica è la garanzia responsabilità civile a coprire i danni da interruzione di attività che potremmo causare a terzi danneggiandone materialmente il bene o dei beni necessari a produrre un reddito, ovviamente sempre che il danneggiamento sia causato da un evento, la cui responsabilità è imputabile all’assicurato.

Nel settore della RC le compagnie hanno dimostrato, seppure dopo un significativo periodo di resistenza, di accettare di coprire anche le perdite economiche disgiunte da danni materiali subite dai terzi per responsabilità accertata dell’assicurato, denominandole danni patrimoniali puri e concedendo questa garanzia sotto il vincolo di severi sottolimiti rispetto al massimale principale.

Cosa offre il mercato per l’assicurazione dei danni da interruzione di attività

Per illustrare quanto offre il mercato assicurativo per coprire questo rischio, è opportuno seguire lo sviluppo storico che questa garanzia ha conosciuto nell’ultimo mezzo secolo.

La forma a indennità aggiuntiva a percentuale

E’ la forma più datata, ma anche la più semplice e rudimentale. Consiste nel garantire a copertura delle perdite di guadagno da interruzione di attività, un massimale pari al 10% (talvolta il 15%) delle somme assicurate in polizza incendio per fabbricati, macchinari e merci. Può risultare insufficiente sul piano economico, laddove statisticamente si è dimostrato che tali perdite sono sovente superiori al danno materiale e diretto, ovvero oltre 10 volte quello che una simile forma di garanzia può coprire. Questa forma tuttavia ha anche un duplice vantaggio che altre forme non prevedono:

  • il primo è che, per ottenere l’indennizzo, l’Assicurato non è tenuto a dimostrare l’ammontare della perdita, ma nemmeno di averla subita,
  • il secondo, che questa garanzia è prestata senza alcuna franchigia, tenendo conto che quella prevista dalle altre forme di copertura è solitamente cospicua.

Quando si sono affermate sul mercato le altre forme di copertura dei danni da interruzione di attività, l’esercito degli intermediari, per ordine di scuderia, suggeriva al Cliente di preferire forme diverse, sottolineando a tal fine solo l’insufficienza economica della copertura data con questa formula (che più che una certezza è una probabilità che può anche non verificarsi) e sottacendone gli aspetti positivi.

La forma a diaria

Consiste nel fissare una somma giornaliera da moltiplicare per il numero di giorni di fermata, col patto che per i giorni di fermata parziale, la diaria verrà decurtata di una parte proporzionale alla parte di attività che proseguirà nonostante il sinistro, con una franchigia di 3 o 5 giorni e un limite di indennizzo pari a 90, 120 o 180 giorni.

Nella forma a diaria è assai raro un periodo di copertura superiore a 6 mesi, mentre nelle forme totali che vedremo ai prossimi punti, la durata standard della copertura è di 12 mesi.

Il primo problema, conclamato, di questa forma è la sua rigidità rispetto ad una realtà dell’andamento economico delle entrate societarie, che può fluttuare nel corso dell’anno, risultando così la perdita difforme dall’indennità, senza poter prevedere a priori se sia stata maggiore o minore.

Il secondo problema, molto meno evidenziato, se non del tutto sottaciuto, è che la parzializzazione dell’indennità per casi di fermata parziale è affidata alla discrezionalità del perito che, seppure dopo aver sentito il parere dell’assicurato, potrebbe far prevalere la propria valutazione, qualora risultasse inferiore rispetto alla percezione dell’assicurato.

La forma a unità di produzione

La forma a unità di produzione si adatta a produzioni omogenee, come il caso di raffinerie di petrolio o cartiere, per le quali si può dare un valore alla tonnellata di gasolio o benzina prodotti, oppure ai 100 metri di carta realizzati e valutare il danno in base a quante tonnellate o centinaia di metri non vengano prodotti a causa dell’interruzione. Non si adatta assolutamente a produzioni diversificate come nel caso della produzione di mobili, piuttosto che di apparecchiature elettroniche o di occhiali.

In questo caso, i limiti di indennizzo e le franchigie vengono espressi entrambi in unità di produzione. La valutazione basata su quante unità non sono state prodotte fa decadere il bisogno di distinguere la fermata parziale da quella totale e questo le conferisce una miglior fedeltà di corrispondenza fra danno e indennizzo. Purtroppo non è applicabile a tutte le tipologie di impresa.

La forma Loss of Profits

La forma loss of profits proviene dal mercato anglo-americano. La copertura delle perdite da interruzione di attività diviene sartoriale, perché si basa sul bilancio della società assicurata.

Prevede la forma per somma e la forma per differenza. Con la prima la somma da assicurare viene ricavata sommando i costi fissi all’utile netto. Con la seconda sottraendo dal fatturato i costi variabili, sommando però al fatturato le rimanenze finali di magazzino merci e ai costi variabili, in detrazione al fatturato anche le rimanenze iniziali di magazzino.

Per costi variabili si intendono tutti i costi che con l’interruzione vengono a sospendersi. Un po’ come dire che la perdita è pari al mancato fatturato meno i costi non sostenuti a causa del fermo, come ad esempio i consumi energetici, piuttosto che le spese per l’acquisto delle materie prime. I costi fissi sono quelli che non risentono dell’interruzione (come gli affitti, gli ammortamenti, ecc.)

Valutare la perdita in caso di fermo con questi criteri rivela l’intenzione di stimare il danno esattamente per ciò che è.

I costi variabili dedotti dalla somma assicurata vengono definiti costi non assicurati, intendendo che, una volta qualificati così in polizza, non sarebbero riconosciuti nemmeno se l’assicurato dimostrasse di averli sostenuti durante il periodo di interruzione.

Il risultato di questo calcolo è dunque la somma assicurata, denominata alquanto impropriamente profitto lordo annuo. Questo termine, che per gli amministrativi della società assicurata ha tutt’altro significato, è stato all’origine di non pochi malintesi.

Il rapporto fra il profitto lordo annuo e il fatturato viene definito rapporto di profitto lordo. Questo è uno strumento di calcolo fondamentale, perché viene applicato come un filtro universale per dedurre da una perdita di fatturato (più facile da calcolare che non una perdita di utile) il corrispondente danno subìto e quindi liquidabile, al netto della franchigia.

Il danno viene calcolato applicando il rapporto di profitto lordo alla perdita di fatturato realizzata nell’anno del sinistro rispetto all’anno prima, dopo aver aggiustato i dati dell’anno prima con i coefficienti di sviluppo dell’attività registrati dall’anno prima all’anno in corso.

La franchigia viene calcolata in giorni, rapportando il numero dei giorni di franchigia al numero di giorni lavorativi di un anno per ottenere il coefficiente da applicare alla somma assicurata.

Il valore economico di una franchigia di 3 giorni è dato dalla somma assicurata, divisa per 220 giorni (presunti) lavorativi annui e moltiplicato per 3.

Per dare al calcolo un ulteriore affinamento, vengono conteggiate anche le perdite subite a ripresa dell’attività avvenuta, nel periodo di ri-avviamento, nel quale si presume una attività ridotta in crescita, fino a riguadagnare il suo trend ante sinistro.

Per completezza di informazione, menzioniamo anche la forma cosiddetta gross earning (letteralmente guadagni lordi) che ricalca la forma Loss Of Profits, ma senza considerare il predetto periodo di avviamento.

Forma a margine di contribuzione

Questa forma deriva dalla loss of profits. Mantenendone l’architettura nella la modalità di calcolo della somma assicurata, ma non del danno, fa giustizia del lessico, dando al margine di contribuzione il nome col quale è conosciuto dagli amministrativi della società assicurata, tanto per parlare la stessa lingua, ed ha il grande merito di svincolare il calcolo dell’indennizzo dal rapporto fra somma assicurata e fatturato.

Conclusioni

In conclusione, il parere di chi scrive è che la bontà di una polizza che assicura contro le perdite economiche da interruzione di attività sta nella semplicità del calcolo.

Con un calcolo arzigogolato si può promettere all’assicurato un indennizzo fedele alla realtà del danno, ma si tratta di una promessa che non siamo in grado di mantenere.

È molto più utile dire al nostro cliente che, per ogni giorno di fermo attività, riceverà 50, 100, 200 o 500 mila euro a partire dal quarto giorno di fermata, giacchè i primi tre sono in franchigia.

La garanzia di un indennizzo certo sarà acquistata più facilmente di una che, al momento del bisogno, deriva dal confrontarlo con il danno reale, che, per quanto si voglia sofisticare il calcolo, non sarà mai possibile calcolare in modo esatto.

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Informazioni su Clemente Fargion

In un mercato in cui la fame di guadagni prevarica la professionalità, ho sempre cercato di riscoprire e valorizzare il lato accademico della scienza del rischio. Dopo una laurea in Ingegneria Aeronautica presso il Politecnico di Milano e un master in Ingegneria delle Assicurazioni presso SNAM, mi sono specializzato in Risk Management con specializzazione per macro- settore merceologico. Sono anche un formatore professionale in materia Assicurativa per ACB e Assinform. Dal 2011 scrivo su Assinews e sono autore di manuali editi da Assinform su Risk Management, Danno Ambientale, Mondo dei Trasporti, Cyber Risk , La Patrimonialità della Lesione Personale.
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3 commenti

  1. Complimenti per come hai sapauto rendere comprensibile l’operatività della garanzia.

  2. Clemente Fargion

    Ringrazio sentitamente Franco Larizza dei gentili complimenti e naturalmente la Dott.ssa Luisa Rosini, per aver risposto in mio nome, in via precauzionale. Il tema dei danni da interruzione di attività è un laboratorio perennemente aperto, capace di produrre novità e modifiche per migliorare sempre più la capacità di copertura di questo danno, che non offre di primo acchito la possibilità di misurarlo con precisione. La sequenza cronologica delle forme assicurative esistenti sono la testimoninanza di questa opera continua di perfezionamento, che si muove nel tempo come una curva asintotica. Proprio per questo il tema in qestione offre continui ed incessanti stimoli allo studio.

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