Italian Insurtech Association (IIA) è una entità senza scopo di lucro costituita da compagnie e broker assicurativi, banche e intermediari finanziari, società specializzate in tecnologie abilitanti e nel marketing digitale assicurativo. Italian Insurtech Association è nata per accelerare l’innovazione dell’industria assicurativa, grazie alla condivisione delle best practice tecnologiche e al confronto con le istituzioni nazionali ed internazionali.
Per Parliamo di Assicurazioni abbiamo intervistato Gerardo di Francesco, vice presidente di Italian Insurtech Association e insieme a lui abbiamo parlato di come l’insurtech cambierà il mondo assicurativo.
In che modo e con che velocità l’effetto coronavirus sta accelerando la transizione tecnologica ed il cambiamento di paradigma dal settore tradizionale delle assicurazioni al insurtech?
Certamente questo enorme esercizio di resilienza collettiva sta da un lato accelerando il bisogno di una transizione tecnologica e di un cambiamento di paradigma del mercato assicurativo, dall’altro sta imponendo a molti “utenti” l’utilizzo di strumenti tecnologici contribuendo de facto a colmare largamente il digital divide italiano, problematica che per anni ha contribuito a rallentare tremendamente qualunque processo di innovazione. Per questo motivo mi aspetto che l’accelerazione della transizione in sé sarà evidente al termine del periodo di lockdown e auspicabilmente aiutata da governi ed istituzioni internazionali che devono mettere in agenda questa esigenza collettiva agevolando procedure e partecipando ad investimenti.
Quanto il nostro paese è pronto a questo cambiamento e come sarà declinato l’insurtech all’italiana. Quale sarà il ruolo di Italian Insurtech Association?
L’Italia è il paese con il maggior grado di penetrazione di IoT nel comparto motor (20% con punte del 65% in alcuni comuni), 12,7 milioni di italiani (un terzo della popolazione tra 18 e 74 anni) hanno utilizzato nel 2019 almeno un servizio fintech, l’86% dell’utenza bancaria opera prevalentemente on line, 8,7 nuovi conti correnti su 10, sono aperti via pc o mobile. Io credo che l’Italia sia già molto pronta ad abbracciare questo cambiamento, ma la nostra industria lo è? IIA (Italian Insurtech Association) ha come priorità proprio l’accelerazione di questo cambiamento agevolando la diffusione di best practice tecnologiche, diffondendo formazione e riportando le esigenze della filiera davanti alle istituzioni.
Come insurtech può preservare lo storico ecosistema italiano (esiste dal 14° secolo senza soluzione di continuità) supportandolo, integrandolo e migliorandolo senza una disruption aggressiva? Come l’insurtech può supportare i piccoli intermediari tradizionali, platea del nostro blog, a sopravvivere alla prossima crisi economica post-pandemia? Come insurtech, broadly speaking, può aiutare e favorire la prossima ricrescita economica post crisi?
Si cade spesso nella falsa dicotomia “insurtech – intermediario tradizionale”. A mio avviso invece la stragrande maggioranza delle iniziative insurtech sono fattori abilitanti per l’intermediario tradizionale che si trova sempre più ad operare in un ecosistema di distributori. Tecnologie infrastrutturali che permettono di poter lavorare da ovunque, la possibilità di offrire molti prodotti ai propri clienti in modalità smart e online, il poter usufruire di nuove informazioni sui rischi tramite devices IoT, sistemi di e-payment, l’utilizzo di portali e chatbot nel customer service, sono tutte opportunità che portano un’unica disruption, quella delle “abitudini tradizionali”. In conclusione ritengo che debba esserci un punto di incontro tra “l’intermediario tradizionale” e “l’insurtech” e che tale punto di incontro trovi collocazione in una messa in discussione di quelli che sono metodi ed abitudini di lavoro.
Quali misure può prendere per evitare una standardizzazione digitale del mercato assicurativo italiano?
Non penso che in ambito tecnologico la standardizzazione sia necessariamente un male, anzi in questa fase ritengo che l’accelerazione di cui parliamo debba passare proprio da una standardizzazione nei protocolli di trasmissione dati tra gli stakeholder dell’ecosistema e nei processi di onboarding utenti, identificazione e firma. Vi è poi chiaramente un elemento evolutivo intrinseco alla tecnologia che affonda le sue radici nella cultura open source e che la rende per definizione in antitesi continua alla standardizzazione di se stessa.
Che ecosistema insurtech si prevede per il nostro paese: colossi come i GAFA che entro due anni, anche grazie alla pandemia, prenderanno il sopravvento o possibilità di crescita anche per medio piccole imprese ed intermediari high-tech? (vedi anche mio recente post su Linkedin dal titolo qualcosa@cambia)
Sono molti anni che i GAFA “a breve distruggeranno il mercato mettendosi a distribuire prodotti assicurativi B2C” io penso che questi grandi gruppi, salvo qualche raro esperimento pilota, siano molto più interessati ai dati assicurativi e bancari degli utenti più che a creare profitto dall’attività di banca e assicurazione in sé. Ne sono un esempio emblematico i sistemi di pagamento Apple pay e Google pay. Sono carte di credito? Sono istituti di credito? No, sono abilitatori, che intanto però capitalizzano preziosi dati sulle abitudini di consumo. Magari nei prossimi anni dal tuo account Linkedin potrai acquistare una polizza RC Professionale e da Google la polizza della macchina, ma dietro continueranno ad esserci intermediari, compagnie e riassicuratori. Il profitto, i GAFA, lo fanno altrove, per ora.
Come insurtech può contribuire alla diffusione di massa delle polizze assicurative nel nostro paese ancora fondamentalente sottoassicurato in tutti i settori, ma specialmente nel ramo abitazione, infortuni+malattia, etc?
Lo può fare ampliando la sua proposta e andando incontro alle abitudini del consumatore digitale. Oggi la diffusione delle assicurazioni digitali è intorno all’1/2% della raccolta premi Europea che avviene tramite canali digitali, d’altrocanto però il gradimento degli utenti per l’insurtech sembrerebbe in Italia molto elevato, Osservatorio Fintech & Insurtech del Politecnico di Milano ci dice che 9 utenti su 10 mostrano predisposizione per le assicurazioni on demand. L’opinione dell’utenza indica un ritardo nella risposta ai nuovi bisogni con un’offerta assicurativa che, in generale, non riflette l’evoluzione delle abitudini di consumo. Inoltre, oggi i clienti si aspettano di accedere ai servizi assicurativi in modo immediato, sicuro e multicanale, in qualsiasi momento da qualsiasi parte del mondo. Secondo una ricerca EY sullo stato dell’Insurtech relativo al 2019, l’80% dei clienti considera l’esperienza fornita dalle aziende tanto importante quanto il prodotto o il servizio stesso, ma solo il 15% dei clienti afferma di essere soddisfatto dell’esperienza digitale del loro assicuratore. Secondo l’EY FinTech Adoption Index 2019, il 95% degli intervistati italiani dichiara di essere a conoscenza della presenza sul mercato di servizi Insurtech ma solo il 17% ha usato finora uno smart device collegato all’assicurazione, come ad esempio la scatola nera dell’automobile, e infine il 15% ha utilizzato/utilizza le assicurazioni app-only.
Insurtech si sposa meglio con il settore assicurativo tradizionale o con le banche, che stanno diventando competitor di quest’ultimo?
Insurtech sta ad Assicurazioni come Fintech sta a Banche, tutti termini della medesima proporzione che a mio avviso sta ancora cercando un suo equilibrio, sia sul fronte authority sia sul fronte mercato. Di sicuro c’è che la filiera fintech sta vivendo un momento di maturità rispetto all’insurtech sia in termini di investimenti raccolti che di riscontro nelle norme, certamente vedo un futuro di coesistenza e collaborazione, magari partendo proprio dalla PSD2 che certamente porterà con sé grandi opportunità distributive anche per tutti i player insurtech.
Si sta paventando e già delineando nelle linee principali, un mondo nuovo in cui la società post.pandemia,e resiliente alle future pandemie (si spera), avrà una organizzazione basata sul distanziamento sociale. Quali sono i consigli e le soluzioni già approntate dall’insurtech?
Mi auguro proprio di no e spero che l’insurtech non contribuisca mai ad un’incentivazione del distanziamento sociale, anzi mi auguro possa costituire un ponte per un ri avvicinamento sociale più rapido e saggio di prima del lockdown. Il rischio maggiore che vedo in questo nuovo mondo post lockdown, in quest’ambito, sono le potenziali implicazioni della tecnologia sul fronte del controllo biometrico, citando un recente articolo di Yuval Noah Harari sul Financial Times “Biometric monitoring would make Cambridge Analytica’s data hacking tactics look like something from the Stone Age”.
Insurtech ed IDD, matrimonio perfetto? (vedasi i miei articoli sul tema: Federer e il thai chi, velocità, lentezza ed armonia alla base del nuovo modello di marketing assicurativo e Effetto IDD: la nascita del super Agente).
Senza ombra di dubbio.