Eredità digitale e polizze dormienti, meglio pensarci prima: intervista a Carmine D’Apolito

Carmine D’Apolito lavora da 15 anni nel settore assicurativo ed è l’ideatore di miWillo, un tool per la gestione dell’eredità digitale.

Negli anni Carmine D’apolito ha avuto spesso a che fare con persone in cerca di informazioni o dettagli sulle polizze di un familiare deceduto e che, per l’occasione, diventavano investigatori alla ricerca della polizza perduta.

Un’esperienza che Carmine D’Apolito ha vissuta anche in prima persona, in seguito alla scomparsa di un familiare e che gli ha fatto comprendere quanto sia importante e addirittura necessario, mettere i nostri eredi nella condizione di accedere a tutti i nostri dati e informazioni collegati a polizze, home banking, servizi online ecc…

Con Parliamo di Assicurazioni Carmine D’apolito ha parlato di eredità digitale e di quanto sia importante, per gli assicuratori, portare i loro clienti a riflettere sull’importanza di lasciare indicazioni chiare ai loro eredi sulle polizze che hanno stipulato.

Cosa si intende con eredità digitale e perché è importante affrontare questo tema?

Con eredità digitale ci riferiamo ai dati digitali che una persona lascia, sia online che negli hard disk, dopo la sua morte, solitamente protetti da password.

Ad esempio sono dati digitali i profili sui social network, le caselle email, i servizi di online banking, l’archiviazione su cloud, tutte le licenze dei software utilizzati, i file multimediali, le criptovalute, e tanto altro ancora.

Il lascito digitale è un tema che possiamo ritenere relativamente nuovo, soprattutto per quanto riguarda il diritto ereditario, in quanto mette legislatori, utenti e autorità di fronte a sfide nuove e complesse.

Questo perché, da un pò di anni a questa parte, abbiamo iniziato ad avere due vite ben distinte: quella “classica” fatta di cose tangibili: abbracci, relazioni personali, interazioni umane insomma, e quella “virtuale” o, per meglio dire, digitale.

Da anni abbiamo inziato ad accumulare dati, account, passwords, documenti, media e chi più ne ha più ne metta. Si stima che, oggi, un utente digitalmente attivo debba gestire circa 100 passwords, in media, spesso collegate tra loro, soprattuto per quanto riguarda gli account e-mail (basti pensare al semplice meccanismo di recupero psw di qualsiasi servizio online).

Ma cosa accade, alla morte di una persona, in questi casi?

Bene, all’inizio non accade nulla, ovvero tutti i profili e gli account continuano a esistere, come se non fosse accaduto nulla. Le email continuano a ricevere la posta come al solito, gli abbonamenti rimangono attivi (perlomeno fino alla secadenza dei metodi di pagamento o dei fondi sulle carte) ed i profili social restano altrettanto attivi.

In questi casi devono essere i parenti/eredi a chiedere, singolarmente per ogni account, la chiusura o l’accesso.

Infatti, per la legge italiana (ma non solo), tutti i diritti acquisiti passano agli eredi (pensiamo semplicemente a licenze acquistate, media scaricati, film, canzoni ecc…), purtroppo, però, senza le credenziali di accesso, questi vanno incontro a diverse difficoltà di ordine pratico.

In aggiunta, molti dei servizi online sono forniti da società con sede all’estero, magari in Paesi in cui la legislazione è differente dalla nostra (es. la California in U.S.A.), e mancano regole internazionali comuni.

Il rischio, molto concreto è, quindi, quello di non riuscire a reperire tali dati o, addirittura, di vederli cancellati automaticamente dai server, dopo un certo periodo di inattività.

Quali sono ad oggi le criticità incontrate dagli eredi in merito al trasferimento dei dati digitali ai propri eredi?

La criticità principale è che, molto spesso, gestiamo questi dati e queste informazioni in modo completamente solitario, sia per questioni di privacy che di semplice abitudine.

Quanti di noi condividono le psw per l’accesso ai fornitori di utenze domestiche, ad esempio? Oppure hanno comunicato tutti i dettagli della propria polizza vita ai propri familiari? E sono solo piccoli esempi.

La realtà è molto complessa e tramandare tutte queste informazioni puntualmente è un vero e proprio “lavoraccio”. Anche perché sono informazioni che, spesso, sono soggette a modifiche e vanno aggiornate di continuo (v. caso cambio psw).

I sistemi tradizionali di trasferimento di questo “bagaglio di conoscenze”, come ad esempio il classico notaio o semplicemente la trascrizione manuale, che sia cartacea o digitale, hanno più contro che pro.

Ad esempio, il testamento notarile, oltre ad avere costi non alla portata di tutti, ha il grande difetto di non essere aggiornabile in tempo reale e, soprattutto, senza costi aggiuntivi.

Trascrivere tutte queste info su di un foglio di carta , o un file excel, è sicuramente più veloce ed economico, ma quanto è sicuro? E che garanzia abbiamo che il foglio, fisico o digitale, non vada perso o finisca in mani sbagliate?

Per quale motivo il tema dell’eredità digitale interessa anche il settore assicurativo?

Sicuramente il mondo assicurativo è uno di quelli più impattati, soprattutto per quanto riguarda la sfera economica. Basti pensare che, da un’analisi Ivass del 2020, circa 7,5 milioni di polizze vita scadute nei 17 anni precedenti erano potenzialmente esposte al rischio di dormienza, in quanto le compagnie non sapevano dire con certezza se l’assicurato era deceduto o no prima della scadenza della polizza, con tutte le conseguenze del caso.

Il problema è che molto spesso gli eredi non sono a conoscenza dell’esistenza di una polizza vita ( o comunque non ne conoscono i dettagli principali) stipulata da un loro caro, prematuramente deceduto e la compagnia assicurativa non è in grado di avvertirli, in quanto non è a conoscenza, ad esempio, della loro residenza.

In base alla normativa vigente, le polizze non riscattate alla scadenza o al verificarsi di un determinato evento (ad esempio le polizze TCM) restano in giacenza presso le compagnie per 10 anni, prima di finire nel calderone del Fondo Indennizzo Risparmiatori, diventando sostanzialmente non più esigibili. 

Quali sono le soluzioni attualmente disponibili sul mercato per trasferire i propri dati digitale agli eredi?

Ad oggi non esiste un’unica soluzione valida. E per valida intendo che sia omnicomprensiva di tutto il patrimonio digitale, semplice da utilizzare e che si adatti realmente alle necessità del testatore.

Il mercato attualmente è molto frammentato e non considera come unicum l’eredità digitale.

Mi spiego meglio: i grandy player tecnologici (es. Google, Meta, Apple) hanno introdotto l’opzione di recovery dell’account in caso di mancato accesso dopo un certo numero di giorni.

In questo caso, un mio familiare potrebbe più o meno facilmente entrare in possesso del mio account e delle relative informazioni ivi contenute.

Ma cosa accadrebbe con tutti quei dati che non sono contenuti all’interno della mia casella di posta Gmail, ad esempio le mie criptovalute? Semplice: andrebbero probabilmente persi.

Altra cosa che molti player del mercato non tengono in considerazione è anche l’aspetto emotivo.

Gestire e organizzare la propria Eredità Digitale è un gesto di amore in primis verso i familiari e comunque verso gli eredi individuati e, quindi, al di là del puro passaggio del testimone dei dati, è fondamentale prevedere uno stream anche in tal senso.

Non solo, a mio avviso, è anche necessario alleggerire i nostri eredi da tutta una serie di lungaggini burocratiche o di “investigazioni documentali” e credo che sarebbe una buona occasione per trasmettere anche tutto ciò che magari in vita, nella nostra sfera personale, non abbiamo avuto possibilità di condividere.

Secondo lei ci sarà un cambio di paradigma o di mentalità diffusa rispetto alla gestione preventiva dell’eredità digitale?

Il fatto stesso che grandi player tecnologici stiano inziando ad affrontare la materia, mi rende ottimista.

Questo è un tema che, volenti o nolenti, affronteremo tutti.

Il problema è che, ad oggi, non abbiamo ancora la corretta percezione delle criticità relative al nostro patrimonio digitale e alla trasmissione di tutte le informazioni che riteniamo necessario comunicare ai nostri eredi.

In Italia, soprattutto, dove la cultura della prevenzione è sicuramente da migliorare, siamo ottimisticamente portati a pensare che gli imprevisti (un incidente automobilistico, un infortunio o persino il caso morte) accadano sempre agli altri: in sostanza chiudiamo la stalla sempre dopo aver fatto scappare i buoi, quando va bene.

In altri casi, invece, è impossibile tornare indietro a “sistemare le cose”. Proprio per questo è fondamentale giocare d’anticipo ed essere pronti a quasiasi evento, sia per noi che, soprattutto, per i nostri cari.

A tal proposito, al fine di comprendere meglio il fenomeno, abbiamo predisposto un semplice questionario, che sarà di grande supporto nello sviluppo della soluzione definitiva e a cui ti invitiamo a rispondere.


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Informazioni su Luisa Rosini

Ideatrice e responsabile di Parliamo di Assicurazioni, insieme ad altri professionisti, promuovo un modo di essere assicuratore che si riappropria del proprio ruolo sociale e mette al centro il cliente e il suo bisogno di sicurezza. Le mie competenze in counseling, applicate alla consulenza assicurativa, mi permettono di aiutare gli assicuratori a rendere i clienti maggiormente consapevoli dei rischi a cui sono esposti e delle conseguenze economiche che ne potrebbero derivare. Con le mie competenze in content e inbound marketing, li aiuto a promuoversi online creando cultura assicurativa, così da diventare un valido punto di riferimento per le persone che incontrano in rete e strutturare un sistema di acquisizione di nuovi clienti maggiormente consapevoli dei propri rischi e dell'utilità delle assicurazioni come strumenti di pianificazione finanziaria.
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Un commento

  1. Argomento molto interessante e da approfondire!

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