Ci sono 2 competenze fondamentali che possono aiutare un assicuratore a vendere più polizze assicurative e che io avrei voluto avere all’inizio della mia carriera: la competenza in inbound marketing e lead generation, indispensabile per acquisire contatti potenzialmente interessati a stipulare una polizza assicurativa, e la competenza nella gestione delle relazioni di aiuto, attraverso la quale è possibile aiutare il potenziale cliente ad individuare i propri bisogni assicurativi, per poi orientarlo nella scelta della soluzione più adeguata alle proprie esigenze.
Scrivo questo post pensando ai tanti giovani che ogni anno entrano nelle reti vendita delle agenzie di assicurazioni e che, dopo pochi mesi, ne escono sconfitti e con l’autostima ammaccata. Sento il bisogno di scriverlo perché sono convinta che l’intero settore settore assicurativo trarrebbe un grande giovamento se le agenzie di assicurazioni investissero nella ricerca di potenziali clienti attraverso l’inbound marketing e la lead generation e nella formazione dei propri collaboratori a gestire la consulenza al cliente come se fosse una relazioni di aiuto.
Tutti noi conosciamo fin troppo bene la differenza tra una trattativa con una persona che si è rivolta a noi perché la aiutassimo a trovare una soluzione ad un suo problema e una trattativa con una persona con cui riusciamo a fissare un appuntamento partendo da una chiamata a freddo. Vediamo cosa possiamo fare per entrare in contatto con un numero sempre maggiore di persone potenzialmente interessate ad acquistare una polizza assicurativa.
Inbound marketing, lead generation e relazioni d’aiuto nelle assicurazioni
L’inbound marketing e la lead generation ci aiutano ad aumentare la possibilità di incontrare persone che sanno di avere un problema e stanno cercando attivamente una soluzione, portandoci a ridurre, di conseguenza, la necessità di fare chiamate o visite a freddo, il che ci porta a migliorare sensibilmente il rapporto tra numero di contatti e numero di polizze assicurative stipulate, elevando anche il livello qualitativo della consulenza.
L’inbound marketing e la lead generation da soli, però, non bastano a trasformare ogni consulenza in una vendita. Una volta che il cliente arriva da noi, dobbiamo anche saperlo aiutare a ridefinire in modo chiaro i propri bisogni assicurativi e a valutare correttamente tutte le possibili soluzioni, affinché arrivi a scegliere consapevolmente quella o quelle più giuste per lui, fra le tante disponibili.
Molti di voi, arrivati a questo punto, penseranno che questo è esattamente ciò che fanno da anni e che non c’è niente di nuovo che possano imparare sul modo di gestire una trattativa. Ma quanti di voi sanno trasferire questa competenza fondamentale ai propri collaboratori, in modo che anche loro sappiano creare una relazione di fiducia con il cliente, attraverso l’empatia e il saper fare domande in grado di portare il cliente a prendere coscienza dei propri bisogni e quindi a scegliere consapevolmente la sua soluzione?
Come pensate che si sentirebbe un neo assicuratore se l’agenzia con cui ha appena iniziato a collaborare lo mettesse in condizione di entrare in contatto con persone che si stanno già interrogando sulla loro sicurezza e lo dotasse degli strumenti più adeguati ad aiutare i clienti a riflettere sul livello di sicurezza a cui si trovano in quel momento e su cosa potrebbero fare per arrivare al livello di sicurezza desiderato, compatibilmente con le proprie esigenze e disponibilità economiche?
Non pensate anche voi che il risultato che si potrebbe ottenere sarebbe molto di verso da quello che, solitamente, si ottiene quando ad un neofita si chiede di buttare giù il proprio elenco di contatti caldi a cui proporre il prodotto che l’agenzia o la compagnia hanno maggiore interesse a vendere, o addirittura lo si mette a fare chiamate a freddo?
Come sono arrivata ad applicare l’inbound marketing e gli strumenti tipici delle relazioni di aiuto alle assicurazioni
Anche a me, all’inizio della mia carriera di consulente assicurativo, è stato chiesto di contattare parenti, amici e conoscenti per vendergli una polizza e mi è stato anche chiesto di fare telefonate e visite a freddo. Considerato che, da cliente, mi infastidisce molto essere contattata da qualcuno che cerca di vendermi qualcosa di cui non sento assolutamente il bisogno, è abbastanza facile comprendere che diventare il tipico venditore che da cliente non vorrei mai incontrare, mi ha creato dei grossi conflitti interiori, che si sono ulteriormente amplificati quando mi sono trovata a dover fare i conti con la diffidenza delle persone verso gli assicuratori, i budget da raggiungere e i blocchi interni da superare. Il risultato è stato il crollo totale della mia autostima, cosa che mi ha portato ad un lungo periodo di riflessione su come si potessero vendere più polizze assicurative senza essere costretti a trasformarsi continuamente in ciò che non si è e non si vuole essere.
È così che ho scoperto l’inbound marketing, la lead generation ed il content marketing, ossia tutte quelle tecniche che ci permettono di farci trovare proprio da quelle persone che stanno cercando una risposta ad un loro problema e che, fra i tanti che sono in grado di offrire una soluzione, sceglieranno chi saprà rispondere meglio di altri alle loro domande.
Tutto questo però non era abbastanza, per me, perché rispondeva solo in parte al mio problema. Infatti la mia difficoltà non stava solo nel dovermi cercare clienti contattando persone che avrebbero potuto reagire con ostilità al mio tentativo di contatto, ma stava anche e soprattutto nel non volermi sentire un venditore, nel senso di colui che è lì per indurre il cliente a comprare qualcosa, con le persone che accettavano di incontrarmi. Intendiamoci, sapevo bene che l’obiettivo di un assicuratore è far sottoscrivere una polizza al cliente, ma non volevo essere io a vendergliela, volevo che fosse il cliente a decidere di comprarla e di comprarla proprio da me. Volevo che la sua decisione di comprare non nascesse dal fatto che, non avendo più obiezioni da portare perché avevo saputo rispondere in modo soddisfacente a tutte quelle che mi aveva esposto, non gli restava altro che firmare il contratto che aveva davanti, come mi avevano insegnato nei tanti corsi di tecniche di vendita che avevo frequentato. Io volevo che la sua decisione di firmare fosse il frutto della maggior consapevolezza che io gli avevo permesso di avere rispetto al problema che sentiva di dover risolvere e a tutte le informazioni che, sempre io, gli avevo dato per metterlo in condizioni di individuare, e quindi scegliere, la soluzione più giusta per se stesso. Una consapevolezza che lui, da solo, successivamente aveva trasformato nella decisione di acquistare maggior sicurezza per se stesso e di farlo proprio da me perché di me si stava fidando.
Sono arrivata a capire come potevo riuscire ad essere il venditore che desideravo essere quando ho iniziato il mio percorso di formazione come counselor e mi sono resa conto che gestire la consulenza assicurativa come se fosse una sessione di counseling non solo mi avrebbe permesso si vendere più polizze assicurative, ma mi avrebbe permesso di farlo mettendo il cliente al centro, aiutandolo concretamente a fare la scelta più giusta per se stesso. Infatti, esattamente come farebbe un counselor, l’assicuratore che sa trasformare la consulenza assicurativa in una relazione di aiuto, aiuta il cliente a prendere consapevolezza del punto in cui si trova, rispetto ad un aspetto assicurativo della sua vita, e ad interrogarsi su tutto ciò che può fare per arrivare al punto in cui vorrebbe essere.
Ecco allora che la seconda competenza, fondamentale per ogni assicuratore, diventa saper gestire una relazione di aiuto, ossia saper aiutare il cliente a definire i propri bisogni da un punto di vista assicurativo e finanziario, saperlo guidare nell’analisi delle tante possibilità offerte dal mercato e quindi saperlo aiutare ad individuare quelle più adatte alle proprie esigenze.
La relazione di aiuto non è una tecnica di vendita
Attenzione, la relazione d’aiuto basata sulle domande, con l’obiettivo di creare maggior consapevolezza nel cliente, non ha niente a che vedere con le tecniche di vendita a cui siamo stati addestrati tra la fine degli anni ’90 e l’inizio degli anni 2000, in cui le domande servivano ad acquisire informazioni che ci permettessero di costruire una soluzione su misura per il cliente e di argomentarla utilizzando proprio le informazioni acquisite, in modo da portare il cliente ad ammettere che sì, quello era esattamente ciò di cui aveva bisogno. Non ha niente a che fare neppure con la trattativa a semafori, in cui si fanno domande per verificare la disponibilità del cliente ad acquistare una soluzione che tenga conto di una serie di informazioni fornite dal cliente stesso.
La relazione d’aiuto nelle assicurazioni non è una tecnica di vendita, bensì un processo di educazione all’acquisto consapevole, grazie alla quale assicuratore e cliente stringono un patto che ha come obiettivo aiutare il cliente a capire di cosa ha realmente bisogno sul piano assicurativo. Dopo aver reso il cliente consapevole dei propri bisogni, l’assicuratore dovrebbe anche cercare di comprendere cosa gli ha impedito di soddisfarli fino a quel momento, per capire se ci sono delle resistenze e da dove nascono, in modo da aiutare il cliente a prenderne atto ed, eventualmente, a rimuoverle. Solo dopo aver fatto questi passaggi si può procedere nell’analisi delle possibili soluzioni, aiutando il cliente a capire come si sente rispetto ad ogni soluzione che prova a prendere in considerazione. In questa fase è importante saper cogliere i suoi dubbi, le sue paure, il suo sentirsi con quella soluzione cucita addosso e bisogna saper capire da dove nasce ciò che percepiamo o ci viene raccontato.
Gestire la consulenza assicurativa come se fosse una relazione di aiuto in cui l’assicuratore veste i panni di coach o di un counselor richiede empatia, sensibilità ed anche una profonda conoscenza del mondo assicurativo, non tanto da un punto di vista tecnico ma di come le varie soluzioni vanno ad impattare nella vita delle persone. Anche se è più complessa da gestire e richiede molte più competenze, sono fermamente convinta che sia questa la strada da percorrere per portare un cliente ad acquistare senza vendergli niente e, soprattutto, senza dover ricorrere al terrorismo psicologico per indurre nel cliente il bisogno di assicurarsi.
Anche la selezione e la formazione dei neo assicuratori può essere più efficace con il counseling
Padroneggiare gli strumenti tipici delle relazioni di aiuto, ancor prima che a gestire in modo efficace i clienti, aiuta gli assicuratori a selezionare e formare adeguatamente i consulenti che andranno ad incontrare quei clienti potenzialmente interessati alle nostre soluzioni, intercettati grazie alle tecniche di inbound marketing e lead generation applicati al mondo assicurativo.
Infatti gestire un colloquio di assunzione come se fosse un colloquio di counseling ci permette di comprendere perché una persona si avvicina alla consulenza assicurativa, quali sono i suoi valori, il suo nocciolo duro, che obiettivi pensa di poter raggiungere grazie a quel lavoro, quali difficoltà potrebbero bloccarlo, che visione ha del lavoro che andrà a fare, che resistenze potrebbe mettere in campo e come possiamo aiutarlo a renderle funzionali, anziché di ostacolo.
Ecco allora che un’agenzia che sappia integrare competenze di inbound marketing e lead generation con competenze di counseling, da utilizzare anche nella fase di selezione, e che poi sappia formare la propria rete vendita ad impostare la consulenza assicurativa come una relazione di aiuto, può accrescere il proprio portafoglio partendo dell’educazione assicurativa del cliente per portarlo all’acquisto consapevole di sicurezza per sé e per la propria famiglia e quindi può creare i presupposti per la fidelizzarlo nel tempo, considerato che la fidelizzazione è strettamente correlata al livello di fiducia che sappiamo creare e che una relazione d’aiuto, per essere efficace, deve necessariamente basarsi sulla fiducia reciproca.
Articolo molto utile. Luisa Rosini molto disponibile a rispondere ai quesito da me posti in chat.
Grazie Andrea per l’apprezzamento e lieta di esserti stata utile ad impostare la tua strategia di inbound marketing.
Complimenti sinceri Luisa !
Quello che stai facendo e come lo stai comunicando è sicuramente una grande novità nel settore assicurativo.
Sono sicuro che, con un ottimale gioco di squadra, riusciremo nel nostro ambizioso intento di coinvolgere i nostri colleghi (intermediari assicurativi e consulenti finanziarie/o del credito) e far crescere anche in Italia l’educazione assicurativa per una maggior consapevolezza nei confronti del grande valore sociale della protezione e della pianificazione, a favore di tutti.
Grazie Pietro,
l’obiettivo che mi sono prefissata con Parliamo di Assicurazioni in effetti è duplice. Da un lato aiutare le persone ad acquisire maggior familiarità con le assicurazioni, in modo da fare scelte assicurative più consapevoli. Dall’altro mettere a disposizione dei colleghi le mie competenze in web marketing, per aiutarli ad usare il web per creare cultura assicurativa e fare inbound marketing partendo dalla condivisione di contenuti utili per le persone, e le mie competenze in counseling per aiutarli a gestire la relazione con il cliente come una vera e propria relazione di aiuto, in cui il counselor aiuta le persone ad individuare i propri bisoogni e le guida a trovare soluzioni che siano percepite dalla persona come efficaci e perseguibili.
Portare avanti questo obiettivo insieme a te è per me una grande opportunità e l’interesse mostrato dai colleghi verso il nostro progetto mi conferma che stiamo facendo qualcosa di innovativo, che risponde ad un bisogno ancora poco soddisfatto e aiuta in modo concreto gli assicuratori a riappropriarsi del loro ruolo di consulenti della sicurezza economica di famiglie e aziende e a riaffermarne l’importanza sociale.
Salve Luisa, mi chiedo:!1) se si è legati ad un Brand importante e tutto è possibile se autorizzato, come si fa l’inbound marketing? 2) se il portafoglio assegnato è fatto di persone difficilissime come si fa a smuoverle?
Grazie
Angela
Buongiorno Angela,
la ringrazio infinitamente per le sue domande, perché mi danno l’opportunità di ribadire che l’inbound marketing non può essere disgiunto dal personal branding. In altre parole, affermare e promuovere se stessi, come professionisti competenti nella protezione dai rischi, indipendentemente dal brand che si rappresenta e che non è detto si continui a rappresentare in futuro, mentre è certo che, qualunque sia il brand che rappresentiamo, ciò che fa la differenza tra noi ed altri è la nostra competenza ed il nostro modo di porci con il cliente e che è solo nostro e non del brand che le persone associano a noi. Pertanto un modo di fare inbound marketing può essere quello di avere un proprio sito/blog, utilizzare i social per condividere informazioni che aiutino le persone a riflettere, parlare di soluzioni più che di prodotti di una determinata compagnia, inviare ai propri clienti newsletter in cui si guida il cliente ad immedesimarsi in possibili scenari futuri e li si aiuta a percepire cosa vorrebbe dire per loro se determinati eventi accadessero, attraverso domande e raccontando casi reali in cui le persone possano immedesimarsi, per poi invitarle ad un approfondimento in agenzia. Lei è libera di promuovere se stessa come meglio crede e qualunque azione faccia a suo nome, senza ricorrere al marchio della comagnia che rappresenta e quindi senza parlare a nome della compagnia, non necessita dell’approvazione della compagnia.
Sta a lei decidere se vuole continuare ad essere identificata con un brand che non è il suo o vuole cominciare ad essere riconosciuta come Angela, indipendentemente dal bran che rappresenta.
L’altra domanda che mi pone riguarda la relazione con il cliente cosiddetto “difficile”. Difficile rispetto a cosa? Allo spendere? All’assenza di percezione del rischio? All’affidarsi alla buona sorta anziché ad una polizza? Cosa sa veramente di loro, a parte la convinzione che sono difficili? Quali domande fa quando li incontra, in che modo si interessa alla loro vita, al loro lavoro, al loro futuro? Quali competenze mette a loro disposizione per aiutarli a guardare da un altro punto di vista a tutti i possibili scenari che potrebbero aprirsi e per aiutarli a valutare quelli per cui sarebbe bene tutelarsi? Quando propone una copertura cosa mette in evidenza? Il prezzo? Le garanzie accessorie, quelle che permettono di recuperare parte dei soldi spesi per assicurarsi perché riguardano i piccoli sinistri che accadono piuttosto frequentemente o pone più attenzione a tutelare i suoi clienti da un evento molto poco probabile, ma che se accadesse li metterebbe in ginocchio, cambiandogli drasticamente la vita?
In altre parole, prima che per il suo cliente, per lei cosa è davvero importante come assicuratore? Qual è il suo obiettivo principale? E come si muove ogni giorno per realizzarlo?
Ancora grazie, Angela, per le sue domande.
Luisa
Lavoro da 6 anni come segretaria in una agenzia ancora però non ho molta stima di come svolgo il mio lavoro ho paura a chiedere aiuto ai colleghi per il giudizio che potrebbero darmi mi dà qualche consiglio.
Grazie mille
vorrei contattarla per potere avere delle informazioni
Grazie per l’articolo. Sono una neofita e sto cercando di stare in piedi in questo mondo affascinante e complesso. I Suoi spunti sono una boccata d’aria fresca, vedrò di tenere a mente il consiglio e seguire Parliamo di Assicurazioni.
Grazie Valentina. In effetti Parliamo di Assicurazioni è nato anche per essere d’aiuto a quei neofiti che mettono la sicurezza economica del cliente al centro e cercano un loro modo di essere assicuratore.