Patrimonio personale – L’insieme dei beni mobili e/o immobili, ovvero la ricchezza, che un soggetto possiede in un determinato momento. Viene espresso, di solito, in termini monetari. [Dizionario Economico, Treccani]
Allungamento della vita, perdita di autosufficienza, modifica della struttura familiare, sono tutti eventi strettamente legati alle vicende del patrimonio personale.
Il patrimonio personale, che sia grande o piccolo, tende a diventare, nei termini della teoria economica classica, una risorsa scarsa, ovvero una risorsa della quale bisogna necessariamente pianificare e controllare un utilizzo ragionato, proprio perché, una percentuale costantemente crescente della popolazione si troverà a dover utilizzare il proprio patrimonio in una avanzata fase della propria vita . Ciò sarà possibile solo ove si sia lavorato in anticipo sul concetto di patrimonio sostenibile, ovvero patrimonio in grado di affrontare il rischio longevità.
Il risk management della longevità tende così necessariamente ed inevitabilmente a diventare materia di consulenza da parte dell’assicuratore, che, storicamente, è già uno dei principali consulenti patrimoniali, se non il principale, in quanto di fatto consiglia il proprio assistito su un ventaglio di problematiche tutte inerenti a rischi traducibili in termini monetari, come dalla definizione citata nel nostro incipit.
Se da un lato, grazie anche al rilevante lavoro di consulenti come Kleros ed AIFO, disponiamo, a livello di panificazione successoria, di strumenti giuridici, assicurativi e finanziari che di fatto permettono di ottimizzare una successione dal punto di vista fiscale, etico e della miglior conservazione possibile del patrimonio (qui nella sua definizione più ampia quale può essere, ad esempio, la continuità di una attività imprenditoriale e/o professionale), siamo a poco più dell’anno zero per quanto concerne il risk management della longevità.
Poco più perché, dal mio punto di vista che è più assicurativo che finanziario, di fatto disponiamo, con la polizza long term care, di uno strumento idoneo per fronteggiare la perdita di autosufficienza che è uno degli aspetti del rischio longevità. Attualmente però, il costo della LTC è ancora elevato in termini attuariali, in quanto ancora pochissimi sono i soggetti a livello nazionale che si assicurano, e quindi ancora alto è il rischio di selezione avversa dal punto di vista della tecnica assicurativa. Manca ancora inoltre una decisa incentivazione fiscale che possa portare, almeno, la LTC ai livelli di deducibilità della previdenza complementare.
Inoltre, la LTC copre solo la brutta ipotesi che ci si trovi a soffrire di uno stato di salute negativo ed irreversibile. Paradossalmente la maggiore scopertura finanziaria, nell’ipotesi, che in molti ci auguriamo, di vivere a lungo, felici ed in buona salute, è proprio quella di arrivare a questo quarto stadio della vita avendo già intaccato o consumato, il suddetto patrimonio personale. Cosa è possibile e quasi doveroso fare perché questo non avvenga o per mitigare questo fenomeno?
Molte misure devono essere intraprese: da quelle normative, per incentivare fiscalmente l’utilizzo di strumenti di accumulo a lungo o lunghissimo termine (da 30 anni in su). Qualcosa di simile alla previdenza complementare, ma assolutamente ripensata, più tutelata (ad esempio con un fondo di garanzia della longevità) e con incentivi assolutamente superiori agli attuali 5164,37 deducibili attualmente.
Dal punti di vista delle compagnie e delle case di investimento, una totale reingegnerizzazione e POG (Product Oversight Governance), ossia anticipazione della tutela alla fase di ideazione del prodotto, dei prodotti finanziari che possa indurre la clientela a spostare in avanti, e di parecchio, l’orizzonte dei propri investimenti finanziari. In un regime di tassi di interesse bassi, questo non è sicuramente un obiettivo di facile raggiungimento, ma uno sforzo collettivo, a livello di finanza dei paesi maturi e finanziariamente sviluppati, deve essere uno degli obiettivi più importanti ai quali devono mirare tutti gli stakeholders, poichè, per dirla come Renzo Piano, il futuro è il posto dove tutti dobbiamo andare.
In questo senso, per la pianificazione finanziaria di lungo termine, per conseguire risultati soddisfacenti dal punto di vista dell’efficacia e dell’efficienza, bisognerà contemperare le potenzialità della volatilità con quelle della sostenibilità.
Una ulteriore macro tendenza è la modificazione della famiglia tradizionale. Nella forma classica della famiglia, esiste una naturale protezione dei soggetti anziani e più deboli. Questo ammortizzatore è stato rilevante sino ad ora, anche a livello di numeri della finanza pubblica. Dove non arrivava il welfare pubblico, sino ad ora, è sempre arrivata la famiglia.
Ma in un futuro molto prossimo, con un indice di natalità a zero, le file delle famiglie numerose tenderanno naturalmente ad assottigliarsi e per molti soggetti, la pianificazione della gestione del patrimonio personale diventa un problema non più procrastinabile.
Nel caso in cui non si disponga né di patrimonio personale né di ammortizzatore famigliare, disponiamo ancora, come italiani, di una risorsa fondamentale della quale, come ci suggerisce Ferruccio De Bortoli, dobbiamo essere più consapevoli: il terzo settore, nel nostro paese, è mediamente ben organizzato e non soffre della crisi endemica del settore industriale.
Il terzo settore può offrire una risorsa fondamentale, ed alcune onlus e comuni illuminati lo stanno già facendo, atta a mitigare o risolvere totalmente il rischio longevità, ovvero il fenomeno della coabitazione positiva, dove soggetti soli, o anziani, o indigenti o comunque persone che mostrano interesse per le piccole comunità locali, delle quali l’Italia delle “cento città” è ricca, possono, totalmente o parzialmente al di fuori dei vincoli imposti dalle condizioni economiche di base, conseguire il risultato di una vita dignitosa, compassionevole, in molti casi felice.
Questa ultima alternativa, alla luce della tragedia che si è verificata in molte case di riposo, dove putroppo la pandemia ha dimostrato che oggettivamente non si è potuto fornire adeguata protezione a soggetti fragili, ci porta a valutare nuovi modelli di assistenza, per certi versi simili alla famiglia tradizionale, ma in un senso più allargato, più efficienti e resilienti delle attuali RSA.
Discorso molto interessante, si auspica che lo stato intervenga con maggiore deducibilità che porti le persone ad assicurarsi sulla non autosufficienza.
Altra problematica è la mancanza di cultura assicurativa e la possibilità di poter accantonare piccole cifre anche per chi è giovane e ha attività lavorative discontinue, visto che ormai il posto fisso tende ad essere un miraggio!
In merito alla scarsa cultura assicurativa e quindi alla perdita di possibilità di potersi costruire un capitale o una rendita, anche accantonando piccole cifre, cosa possiamo fare noi assicuratori per rendere più consapevoli le persone in merito ai rischi e alla possibilità di limitarne i danni con piani assicurativi adeguati?
Articolo interessante.
Grazie!
Grazie a lei per l’apprezzamento!
Ribadisco anche qui, come già scritto in un altro articolo su questo sito, la necessità di mettere a disposizioni dei giovani strumenti di investimento previdenziale più flessibili, dove si possano versare anche micro importi, potendo accedere anche da app.