La direttiva 2004/35/UE ha istituito un quadro giuridico che regolamenta la responsabilità civile per aver causato un danno ambientale sulla base del principio che “chi inquina paga“.
Con il termine danno ambientale si intendono tutti gli eventi che possono arrecare un danno all’ambiente: un tipico esempio di danno ambientale è il danno causato dallo sversamento di una sostanza combustibile.
Che conseguenze può avere per un’impresa e per i suoi amministratori essere chiamati a risarcire un danno all’ambiente, ad esempio un danno derivante da inquinamento con sostanze oleose di una falda acquifera?
Chi inquina paga
Come abbiamo detto, la direttiva 2004/35/UE ha istituito, nell’Unione Europea, un quadro giuridico per la responsabilità ambientale basato sul principio che “chi inquina paga” per la prevenzione e la riparazione del danno all’ambiente.
Per danno ambientale la Direttiva intende:
- danno alle specie e agli habitat naturali protetti, vale a dire qualsiasi danno che produca significativi effetti negativi sul raggiungimento o il mantenimento di uno stato di conservazione favorevole di tali specie e habitat. L’entità di tali effetti è da valutare in riferimento alle condizioni originarie, tenendo conto dei criteri dettati dalla medesima direttiva;
- danno alle acque, ossia qualsiasi danno che incida in modo significativamente negativo sullo stato ecologico, chimico o quantitativo o il potenziale ecologico delle acque interne (sia superficiali che sotterranee), nonché sullo stato ambientale delle acque marine;
- danno al terreno, vale a dire qualsiasi contaminazione del terreno che crei un rischio significativo di effetti negativi sulla salute umana a seguito dell’introduzione diretta o indiretta nel suolo, sul suolo o nel sottosuolo di sostanze, preparati, organismi o microrganismi nel suolo.
Delitti contro l’ambiente
Il recepimento della direttiva 2008/99/CE in Italia è avvenuto con la legge 22 maggio 2015, n. 68, che ha introdotto nel codice penale, con il nuovo Titolo VI-bis “Dei delitti contro l’ambiente”, cinque delitti:
- inquinamento ambientale: punisce chiunque abusivamente cagiona una compromissione o un deterioramento significativi e misurabili di una risorsa ambientale (acqua, aria, suolo, sottosuolo), di un ecosistema, della biodiversità, della flora e della fauna;
- disastro ambientale: punisce più gravemente chiunque provochi l’alterazione dell’equilibrio di un ecosistema, irreversibile o comunque difficilmente eliminabile, ovvero offenda la pubblica incolumità;
- traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività: punisce molteplici condotte (cessione, acquisto, ricezione, detenzione, importazione, esportazione, trasporto, abbandono, ecc. ) aventi ad oggetto tale materiale;
- impedimento del controllo: si realizza negando o ostacolando l’accesso ai luoghi agli organi di vigilanza e controllo, ovvero mutando artificiosamente lo stato dei luoghi, comportamenti tutti finalizzati ad intralciare, eludere o impedire l’attività istituzionale di accertamento di responsabilità in materia ambientale;
- omessa bonifica: a carico di chi, essendovi obbligato per legge, “non provvede alla bonifica, al ripristino o al recupero dello stato dei luoghi”.
Responsabilità ambientale
La responsabilità ambientale è un rischio di responsabilità civile verso terzi e può sembrare che una normale polizza RC sia sufficiente a coprire i possibili danni che un’impresa può causare all’ambiente con la sua attività. In realtà non è sempre così.
Ipotizziamo che un’azienda, per compiere il proprio processo produttivo, prelevi acqua da una fonte limitrofa e che ne alteri le condizioni (ad esempio la prosciughi), danneggiando la flora e la fauna circostanti.
Se la polizza RC aziendale non copre i danni ambientali provocati all’acqua, al suolo, agli habitat e alle specie naturali protette, l’azienda dovrà pagare di tasca le spese che dovrà sostenere per il ripristino dell’ambiente, sulla base del principio che “chi inquina paga” e come previsto dal Dlgs 152/2006.