Nell’articolo precedente abbiamo affrontato la prima parte del processo di consulenza: la raccolta dei dati, che è il punto di partenza per poter fare una corretta analisi dei rischi, verificare che percezione ha il cliente della propria esposizione al rischio, per poi portarlo ad una maggiore consapevolezza rispetto ai tanti eventi che possono minare la sua sicurezza economica e far emergere in lui un maggior bisogno di assicurarsi.
Come abbiamo già detto, per portare le persone ad accrescere la propria consapevolezza rispetto ai rischi a cui sono esposti, noi per primi dobbiamo cambiare il nostro modo di essere e di porci, trasformandoci da semplici intermediari che propongono polizze a partner della sicurezza economica del cliente, ricordando prima di tutto a noi stessi che le polizze sono contratti e che come tali vanno proposte.
Con Pasquale Cautiero, agente assicurativo e ideatore di Profilo Assicurativo e Filippo Celoria, avvocato e ideatore di Agree.Live abbiamo parlato dell’importanza che riveste l’analisi dei rischi e di cosa sta alla base di un’analisi dei rischi efficace.
Per riuscire a fare una buona analisi dei rischi dobbiamo, prima di tutto, fare in modo di essere percepiti dal cliente come consulenti, anziché come “venditori di polizze”, poiché solo abbattendo la diffidenza iniziale e il retro pensiero che lo si voglia convincere ad acquistare qualcosa di cui non sente la necessità, il cliente sarà disponibile a darci le informazioni che ci servono. Lo sarà ancora di più se sapremo trasmettergli l’importanza che ha per lui, per la sua sicurezza economica ciò che andremo a fare insieme e quindi quanto è importante che lui ci fornisca tutte le informazioni che gli andremo a chiedere, in modo trasparente e senza reticenze.
Un buon modo per avvicinarsi al cliente e chiarire la necessità di così tante informazioni è anche accennare alle macro aree di rischio a cui tutti più o meno siamo esposti come persone:
- danni al patrimonio
- danni alla salute
- danni a terzi che si riflettono sul patrimonio
Ancora una volta l’esperienza di Pasquale ci permetterà di comprendere meglio l’importanza e la delicatezza di questa fase, nonché l’utilità di strumenti che ci agevolino nella raccolta e nell’analisi dei dati.
Pasquale Cautiero: come ho costruito un metodo e uno strumento che mi permettono di fare un’analisi dei rischi efficace
Ecco come Pasquale Cautiero ci racconta il percorso che lo ha portato a strutturare un metodo e uno strumento che gli permettessero di acquisire sempre tutte le informazioni necessarie a fare un’analisi dei rischi efficace: “Partiamo dal presupposto che il cliente non sa a quali rischi è realmente esposto! Aggiungerei che nemmeno il consulente sa precisamente a quali rischi è esposto il suo cliente, finché non raccoglie tutte quelle informazioni necessarie ad analizzare il rischio.
Durante la nostra prima chiacchierata ho affermato che svolgere una consulenza assicurativa completa è un lavoro molto faticoso, sia dal punto di vista mentale che fisico, in quanto una consulenza:
- è molto più lunga della vendita di un prodotto;
- rende necessario raccogliere una gran quantità di informazioni.
D’altro canto una consulenza, sebbene richieda più tempo di una vendita, può generare un rapporto con il cliente che non si esaurisce dopo l’acquisto e può durare anni, proprio perché, dovendo raccogliere molte informazioni (sesso, età, momento di vita, composizione del nucleo familiare, redditi, occupazioni, hobbies, il parco veicolare, la casa, i progetti e tante altre ancora) siamo costretti ad entrare in una relazione più profonda con la persona che abbiamo davanti.
Una volta acquisite, le informazioni vanno analizzate, al fine di individuare il rischio, sia singolarmente che in forma aggregata:
- ogni singola informazione ci rivela dei possibili rischi (ad esempio dal sesso individuiamo subito i rischi più frequenti a cui quel determinato sesso è esposto);
- l’aggregazione di più informazioni, quali sesso, età, situazione familiare, ecc ci permettono di definire meglio la tipologia di rischi a cui quella persona è esposta.
Avendo l’esigenza di essere sia efficace che veloce nelle mie elaborazioni, ho guardato alla tecnologia come ad uno strumento di affiancamento e potenziamento del consulente assicurativo sul quale pesano importanti decisioni e responsabilità.
Grazie alla tecnologia, ho potuto sviluppare uno strumento che mi permettesse di automatizzare l’acquisizione delle informazioni e l’elaborazione delle stesse e mi permettesse di avvalermi di un processo decisionale assistito, nel senso che supporta, senza sostituirlo, il mio processo decisionale, riducendo al minimo il rischio di errore dovuto a dimenticanza/distrazione/improvvisazione.
In altre parole ho provato a digitalizzare l’analisi dei rischi mettendo su un sistema che raccoglie le informazioni ed individua i rischi, fornendo 3 livelli di identificazione: identificazione base, identificazione dinamica e identificazione avanzata del rischio.”
Con la sua esperienza, Pasquale ci confermato che un assicuratore, per potersi prendere cura della persona, deve saper individuare correttamente la sua esposizione al rischio e che il solo modo per farlo è fare domande e acquisire informazioni concrete e oggettive che solo il cliente può fornire e che ci fornirà solo dopo averlo portato a comprendere l’utilità che ha per lui l’analisi che ci accingiamo a fare.
Filippo Celoria: come tutelo il consulente assicurativo dal rischio di contestazioni da parte del cliente
A Filippo Celoria, avvocato, abbiamo chiesto quanto sia elevato il rischio di contestazioni da parte del cliente e come si possa ovviare a tale rischio e la sua risposta è stata: “Ogni volta che in un settore l’ipertrofia normativa prende il sopravvento, la conseguenza è un’inversione dei ruoli e delle relative posizioni di forza. Così quella che in precedenza era la parte debole, ad esempio il cliente, diventa forte rispetto a colui che in precedenza si poteva trovare in una situazione di teorico vantaggio.
Nel caso dell’intermediario, ad esempio, i crescenti obblighi e vincoli normativi hanno ridotto lo spazio di manovra. Inoltre, la legiferazione di norme poco chiare – mi riferisco ad esempio alle attività a distanza di cui abbiamo parlato nel precedente articolo – ha creato incertezze e generale malcontento nel settore.
Le regole restrittive hanno poi anche aumentato i margini di errore. Infine l’aumento degli adempimenti amministrativi ha tolto tempo alle attività produttive, vale a dire le vendite e la gestione dei rapporti con la clientela.
Nel 2010, un’indagine di mercato condotta dal Gruppo Agenti di Generali quantificava in circa il 45% il tempo specificamente dedicato alle attività commerciali, rispetto al totale dell’impegno lavorativo degli agenti titolari. Gli intermediari con i quali ho parlato in questi mesi mi hanno addirittura segnalato un ulteriore abbassamento di questa percentuale. Qualcuno – scherzando ma non troppo – ha addirittura detto “magari, riuscissi ad arrivare al 40%!”.
La conseguenza in questo caso è che, da un lato, vi è la esigenza di una rigorosa ottemperanza alle normative di settore – si parla di norme restrittive e di difficile comprensione – e dall’altro lato, vi è la contraria e vitale esigenza di velocizzazione dei processi commerciali, proprio perché è minore la quantità di tempo dedicabile alle vendite.
Tutto questo, però crea un corto circuito, poiché la velocità di esecuzione spesso compromette la qualità e quindi la precisione di applicazione delle normative. E quindi – anche in questo frangente – la tecnologia deve essere la soluzione, vale a dire lo strumento che monitora da un lato la corretta applicazione delle norme e dall’altro, mediante una automazione dei processi, accelera i tempi di svolgimento delle attività.
A tal riguardo, una indagine che abbiamo condotto, unitamente al Politecnico di Torino, ha rivelato che il 60% degli intermediari ritiene la velocizzazione dei processi il migliore out-put che può essere offerto dall’uso di piattaforme tecnologiche.
Il mercato infine ha anche inequivocabilmente attestato che il canale distributivo agenziale è quello prediletto dalla clientela.
Ciò significa che la digitalizzazione dei processi deve passare proprio attraverso l’attività degli intermediari, che devono poter semplificare i propri flussi di lavoro.
Quindi, anche in considerazione di questi aspetti abbiamo cercato di risolvere questo problema, facendo leva sulla nostra expertise legale e così pure sul vantaggio competitivo che la tecnologia può offrire.“
Conclusioni
Da venditore di polizze a partner della sicurezza del cliente: l’analisi dei rischi è il secondo di 3 articoli, tratti dai 3 webinar in cui, insieme a Pasquale Cautiero e Filippo Celoria, abbiamo affrontato uno degli argomenti più dibattuti in questo periodo tra i professionisti del settore assicurativo: far convergere ruolo sociale dell’assicuratore, obiettivi economici di agenzia e di compagnia, rispetto della normative IVASS in un unico obiettivo che è diventare il partner della sicurezza economica del cliente.
Nel terzo articolo approfondiremo come il giusto mindset e la disponibilità di strumenti informatici a supporto del processo di consulenza ci permettano di comprendere la percezione che il cliente ha della propria esposizione al rischio e di accrescerla, fino a portarlo a sentire il bisogno di assicurarsi.